Vigilanza privata – ICMQ è il nuovo numero 1 dello “schema security”

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A decorrere dal 20 luglio 2020 e con opportuno decreto, ICMQ S.p.A. è stato riconosciuto come Organismo di Certificazione Indipendente, occupando il numero 1 dell’apposito elenco del Ministero dell’Interno.
Si tratta dell’eredità importante, con il relativo trasferimento della titolarità, di quel “primo” riconoscimento (tra tutti gli OdC che sarebbero poi seguiti) che fu per cinque anni di CERSA S.r.l., oggi incorporata in ICMQ S.p.A. come propria “business unit”.
Il riconoscimento, interamente disciplinato dal D.M. 115/2014, attribuisce ad un OdC accreditato la definizione più distinta di OdCI e gli attesta il sostanziale possesso delle caratteristiche necessarie per l'espletamento dei compiti di certificazione “Indipendente”, ovvero quelli di verifica della qualità dei servizi degli istituti di vigilanza e delle centrali operative.
Cinque anni sono passati dal 24 febbraio 2015 quando il Capo della Polizia adottò il Disciplinare che diede vita allo “Schema della Vigilanza Privata” con l’obiettivo “dichiarato” di rendere omogenee ed armonizzare le modalità di valutazione della conformità, stante un preesistente ancorché inadeguato livello di compliance normativa degli operatori di mercato. Il principio normativo di quell’auspicata "omogeneità ed armonia", nonché fondante per la piena applicazione delle regole di accreditamento cross frontiers (le stesse che permettono ad ACCREDIA ed al Ministero dell’Interno la salvaguardia “sovrana” di questo schema di certificazione) è il “famoso” Decreto Maroni, ovvero il D.M. 269/2010, poi emendato con il D.M. 56/2015, con tutti i suoi Allegati A, B, C, D, E, F ed F1. Tale Decreto, che disciplina di per sé le caratteristiche “minime” degli istituti di vigilanza, si appoggia e completa a sua volta su due norme, la UNI 10891:2000 e la UNI EN 50518:2014 (composta di tre parti), rendendo possibile con tale combinazione l’effettuazione di audit di certificazione. Quindi, da un lato un audit UNI 10891/ DM 269 serve a “certificare” le capacità di un Istituto di Vigilanza di fornire un servizio conforme, confermandone allo stesso tempo la precedente autorizzazione della prefettura di competenza; dall’altro, un audit UNI EN 50518/ DM 269 permette di “certificare” la conformità strutturale, tecnologica ed operativa delle centrali, meglio definite dalla stessa norma come “centri di monitoraggio e di ricezione allarme”.
Come si può notare, l’obiettivo del disciplinare non era e non è certamente facile: la realtà odierna di mercato è fatta in alcuni casi di denunce informali da parte di chi vede una “controparte” ignorare ancora le regole dello schema e continuare tuttavia ad agire come prima, senza ostacoli istituzionali, stante invece l’obbligatorietà stessa della certificazione. Al contrario, volendo vedere il bicchiere mezzo pieno, il lustro passato è servito a migliorare significativamente questo mercato, favorito dalla sopraggiunta “pulizia” di contesto operata dagli OdCI.
Un lustro, però, in cui le “regole” di questo schema, pur non cambiando negli strumenti formali (le check list ministeriali, le note tabelle, non sono mai state ad oggi revisionate) hanno avuto via via un’interpretazione diversa, alle volte più stringente, per le successive precisazioni date agli OdCI dal Ministero dell’Interno, in risposta alle richieste indirette (ma molto “pratiche”) degli istituti di vigilanza. Tutto questo, nonostante la mediazione di ACCREDIA (ed il corollario di “tavole rotonde”, giornate formative, “FAQ”, “Casi studio” e quant’altro), ha comportato per gli OdCI un approfondimento continuo della valutazione della conformità, certo più oneroso rispetto all’obiettivo originale, nonché uno sforzo “diplomatico” notevole per farlo “digerire” ai propri (ai nostri) clienti, perché talvolta percepito come vessatorio. Si aggiunga, per concludere, che i tempi di audit sono ancora quelli inizialmente dettati dal Disciplinare; e non sono facilmente incrementabili, per le ovvie logiche di concorrenza tra gli organismi di certificazione, tra l’altro soggetti privati con funzioni pubbliche a dir poco limitate.
Salve le obiezioni, le regole del “gioco” si possono discutere ma, se al gioco vi si partecipa, si rispettano e si devono far rispettare. ICMQ, con il suo specifico marchio CERSA nel settore “Security”, a questo certamente non intende sottrarsi, rimanendo fedele alla sua “mission” e per onorare quel numero 1 assegnatogli dal Ministero.

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